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"La bellezza" in uno sguardo, Ileana Di Damaso racconta il suo mondo fatto di arte ed emozioni

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In occasione della caratteristica mostra di marzo, “Siediti, e lasciati guardare” ospitata nella splendida location di Spazioarde, in Via delle Caserme a Pescara, aveva stupito i visitatori, per l’intensità degli sguardi dei soggetti dipinti, per l’eleganza e la raffinatezza dei loro lineamenti: si parla di Ileana Di Damaso, non un’artista bensì "l’artista di Spoltore", colei che è riuscita a fare dell’arte un viaggio verso le emozioni.

La bellezza di uno sguardo profondo, la sensazione di avere un legame intenso con il soggetto artistico è ciò che caratterizza l’arte di Ileana Di Damaso, vincitrice ex-aequo della prima edizione di Ritratti Contemporanei: la giovane pittrice si avvale, infatti di un uso sapiente della pittura ad olio, prevalentemente (ma non solo) in bianco e nero conferendo  ai suoi capolavori classe e bellezza.

È evidente che lo scambio di sguardi tra opera e osservatore è frutto di un lavoro minuzioso ed attento da parte dell’artista che si applica in maniera sapiente ma con grande passione, e proprio di questa passione è stata lei a dare spiegazioni.

 

Difficile fare a meno di chiedere all’artista spoltorese, com’è nato questo grande interesse?

La mia passione è nata quand’ero piccina, non ho mai giocato con le bambole, io disegnavo; quando tornavo da scuola per esempio mi dedicavo al disegno, ho una raccolta di disegni di quando ero proprio piccola non andavo ancora a scuola, ed i miei genitori mi hanno sempre spronato a farlo e ancora di più mi vantavo di saper disegnare. Poi ho scelto da grande il Liceo Artistico ed è successa una cosa strana: mi ha allontanato da questa passione perché li disegnavo tante ore, ma non quello che volevo, ma ciò che mi imponevano. In quel periodo ho disegnato meno cose personali, anche perché ero impegnata con le tavole da portare a scuola, però quando al quinto anno sono andata a visitare l’Accademia ho capito che era il mio mondo, infatti non è come una normale università ma come un grande laboratorio artistico.

 

Come si arriva a diventare artisti e a capire qual è la propria tecnica?

Si parte sempre dalla matita, io fino al Liceo Artistico per esempio, non ho toccato il pennello. Credo sia giusto così, perché ci vuole pazienza, bisogna prima saper disegnare bene, poi si passa al pennello, altrimenti si rischia di non arrivare ad esprimere il massimo delle proprie capacità. Con l’Accademia per me c’è stato questo grande trauma, ossia iniziare ad usare il pennello che ha una consistenza completamente diversa; trauma, però, superato al primo esame quando ho dovuto fare dieci ritratti ad olio, ma questo esame mi ha insegnato molto.

 

È stato difficile migliorare nel corso degli anni? Sicuramente all’inizio ci sarà stata molta insicurezza.

Si tantissima. Tra l’altro se si vedono le opere di tre o quattro anni fa, si vede il miglioramento perché nel mio caso, più si dipinge e si lavora e più si migliora.

Mi permetto di chiedere una definizione di “miglioramento”, perché in arte credo sia difficile da percepire.

Esatto l’occhio di chi guarda non lo percepisce; è un’analisi che io, artista posso fare osservando. Per l’occhio di chi guarda è difficile perché se l’opera colpisce ed emoziona non esiste miglioramento. Per esempio ci sono delle opere tecnicamente recenti per esempio che hanno suscitato meno emozioni rispetto ad opere passate, perché le emozioni sono soggettive.

All’artista fa piacere il complimento ma se non è soddisfatto di sé, non riesce nemmeno a mostrarle le opere; se una mia opera non mi soddisfa pienamente la butto via anche in lacrime, ho scoperto che lo faceva anche Michelangelo, ha buttato diverse cose che non gli piacevano!

Come mai questa particolare attenzione per il volto?

Inizialmente per me il volto era la parte più difficile, e tutt’ora per me è una sfida perché è complicato catturare l’emozione che vuole comunicare quel viso. E già la foto che vado a riprodurre deve essere di per sé bella ed espressiva perché devo renderla viva, mi deve guardare. Io di solito ho una sola foto da riprodurre, ma vado a studiare sempre il soggetto anche su altre foto. Amo studiare gli occhi, i lineamenti, e questo mi distingue perché non riesco ad improvvisare.

 

In base ai dati recepiti dalla mostra “Siediti, e lasciati guardare” che idea ti sei fatta? Pensi che le persone abbiano compreso la tua arte?

Sono davvero soddisfatta poiché all’inizio non mi sentivo pronta per una mostra personale, io poi sono molto severa con me stessa, invece vedere le persone affascinate ed incuriosite dalle mie opere è stato emozionante, mi hanno fatto molte domande, mi hanno comunicato le loro impressioni; è la carica giusta per lavorare ad altre opere.

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