Pianella - Domani luglio, al Museo dell'Artigianato Ceramico Abruzzese di Pianella, alle ore 17.00, ci sarà un incontro a cura dell'Arch Eugenio De Medio, sul tema de "gli Abiti tradizionali nelle ceramiche abruzzesi".
A seguire viene innaugurata, dalle ore 18.30 la mostra " Le Pupe D'Abruzzo" , sculturine in maiolica a cura di Maria di Stefano , che sarà visibile fino al 4 agosto,
Maria di Stefano nasce a San Massimo frazione del comune di Isola del Gran Sasso (TE) il 15 settembre 1947 da una famiglia non di tradizione ceramica, anche se il padre per tanti anni lavorò come “stampatore” di piatti nel reparto tornianti del noto stabilimento Spica di Castelli.
È la stessa Maria che ricorda il suo primo approccio alla ceramica: Nei primi anni ’60, il parroco del suo paese don Antonio Fuina, appartenente alla nota ed antica famiglia di maiolicari castellani, organizzo una gita dei ragazzi di San Massimo alla vicina Scuola d’Arte di Castelli.
In questa occasione fu talmente “affascinata dal bello” che decise di dare un orientamento ceramologico definitivo alla sua formazione scolastica e poi alla sua vita.
Dalla scuola media di Isola si trasferì a Castelli, dove, dopo aver frequentato l’ultimo anno si iscrisse alla Scuola d’Arte. Sotto la direzione di Serafino Mattucci segue dapprima i tre anni consueti di studio e poi anche gli altri due aggiunti, diplomandosi nel 1968.
Risale a questi anni il suo interesse per la scultura. Allieva del professor Gianfranco Trucchia, bolognese trasferitosi nel piccolo paese del teramano proprio in quel periodo, collabora, insieme ad altri studenti alla realizzazione del celebre Presepe Monumentale della scuola.
All’epoca vi era l’opportunità di poter rientrare anche nel pomeriggio a scuola. Questa consuetudine, introdotta anni prima, aveva lo scopo di svolgere l’attività didattica pratica insieme all’insegnante. La nostra studentessa ricorda infatti come Trucchia la mattina insegnava disegno professionale in classe e nel pomeriggio si operava tutti insieme, insegnante e studenti, nel laboratorio con la ceramica. Nasce in questo modo la collaborazione di Maria nella realizzazione delle caratteristiche oche del presepe. È sempre Trucchia, continua nel ricordo, che la indirizza verso il “moderno” ovvero verso la ricerca e la sperimentazione modulare, gusto corrente in quel periodo.
Dopo il diploma, lavora per qualche anno in alcune fabbriche artigianali del paese, ed in particolar modo presso lo Studio Ceramico Castellano in Piazza del Mercato, dove conosce il ceramista Alfredo di Gabriele che sposerà qualche anno più tardi e con il quale inizia un lungo sodalizio, non solo sentimentale, ma anche lavorativo nel campo della ceramica. Continuerà infatti negli anni successivi l’attività di pittrice nell’azienda di famiglia, occupandosi di alcune linee decorative come la riproposizione nei primi anni ’90 della celebre tipologia Orsini Colonna, che proprio in questo periodo veniva, attraverso la mostra di Pescara del 1989, definitivamente attribuita alla fattura cinquecentesca castellana. Eseguirà anche costantemente la riproposizione dei due noti soffitti di San Donato quello cinquecentesco e quello in stile compendiario. Dipingerà inoltre una serie di oggetti ispirandosi negli ornati soprattutto alla flora, ma anche alla fauna che caratterizza il vicino Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Appena dopo questo breve periodo, inizia una lunga ed ininterrotta attività quarantennale di insegnante di educazione artistica portata avanti con passione presso le scuole medie della provincia teramana.
A scuola, spesso, a scopo didattico, faceva usare la creta ai ragazzi, insegnando attraverso la manipolazione di questo elemento la creatività. E sempre a scuola, a Montorio al Vomano dove stette per lungo tempo, ebbe modo di conoscere la pittrice e scultrice naif Annunziata Scipione, che si rivolse proprio a lei per apprendere il modo di lavorare l’argilla allo scopo di realizzare delle sculturine in ceramica. Da questa collaborazione, Maria Di Stefano si riavvicinò all’amato mondo contadino, presente già nella sua infanzia a San Massimo, che come vedremo di seguito costituirà uno dei primi elementi che connoteranno le su Pupe.
La prima occasione con la quale concretizza l’idea delle sue sculturine in maiolica fu, sempre a scuola, dove in occasione di un concorso per l’UNICEF che prevedeva la realizzazione di bambole di pezza, Maria decise di realizzarle in ceramica. A breve però lascia la scuola per il pensionamento, ma al posto di riposarsi, avendo più tempo a disposizione, riesce finalmente a pensare e concretizzare questa sua idea delle Pupe.
1 - LE CONTADINE
Nascono così fra il 2008 ed il 2009 le prime sculturine in maiolica, chiamate “Le contadine”, liberamente ispirate a quel mondo che Annunziata Scipione, come visto sopra, le aveva fatto rivivere davanti ai suoi occhi. Bamboline caratterizzate da ampie gonne riccamente decorate, che si aprono su stretti corpetti. Spesso con la conca di rame al braccio o ceste di pannocchie, fasci d’erba o zucche in testa. Con gli abiti curati e riccamente decorati.
2 - LE PUPE D’ABRUZZO
Man mano che affinava la tipologia degli abiti delle contadine, ed avendo bisogno di una costante ispirazione, gli nacque l’esigenza di documentarsi, attraverso libri, cartoline ed altre pubblicazioni sui diversi costumi popolari e tradizionali abruzzesi. Nascono così le Pupe d’Abruzzo con riproduzioni di abiti che vanno da quelli più noti come il celebre vestito tradizionale di Scanno o quello di Villa Badessa ai meno conosciuti abiti dell’Aquila, di Chieti e di tanti altri centri della regione. Negli anni è riuscita, affinando sempre più la ricerca, a riprodurre molti costumi popolari coprendo tutte le provincie d’Abruzzo.
3 - LE CASTELLANE
L’anno del terremoto, il 2009, forse a causa dei danni subiti dal Castelli, Maria volge la sua ispirazione verso il suo paese: Dopo alcuni tentativi di Pupe cilindriche, liberamente ispirate ai moduli del Presepe Monumentale della Scuola d’Arte inizia a riprodurre le figure del soffitto di San Donato. Decide di trasformandole in sculturine tridimensionali le figure dipinte del Cinquecento ovvero quelle del primo soffitto come la “Faustina” e poi anche quelle del soffitto seicentesco in stile compendiario. Riprende dalle due antiche tipologie anche l’uso dei colori con abbondanza di blu e verde acqua in quelle del ‘500 e con abbondanza di giallo, ocra e azzurro in quelle compendiarie.
Non sorridono mai, queste castellane antiche forse a testimoniare le difficoltà della Castelli di oggi gravemente danneggiata dal sisma.
4 - LE POPOLANE DI PASQUALE CELOMMI
Negli ultimi anni prosegue la ricerca a trovare nuove tipologie per le sue bambole di maiolica, e l’interesse si volge anche verso la gloriosa pittura abruzzese ottocentesca: riprende quindi le donne dai quadri di Pasquale Celommi facendo particolare attenzione alle pose delle figure e agli abiti popolari dei personaggi ritratti.
5 - LE PUPE LIBERTY
Le ultime creazioni in ordine di tempo sono le Pupe Liberty, ispirate all’opera del pittore della Repubblica Ceca Alfons Mucha. Sono molto complesse riprodurre le donne di Mucha riprese soprattutto dai suoi numerosi manifesti pubblicitari, dice Maria, in quanto le immagini sono molto ricche di particolari.
Colpisce nel guardarle tutte insieme, l’unitarietà di stile di tutte le bambole o Pupe che Maria a saputo imprimere in questi anni a questa particolare produzione, sono figurine femminili, alte circa 20 centimetri, create in argilla bianca su cui viene dato uno strato di smalto abbastanza diluito per evitare di coprire i particolari e per facilitare la copertura anche nelle zone con incavi più profondi del modellato.
Sono delle vere e proprie sculturine modellate che non hanno nulla a che fare con gli oggetti d’uso della tradizione ceramica castellana come le bottiglie ottocentesche a forma di bambole o i portacandela o le statuette di santi del Seicento, che avevano, nella loro utilità, uno scopo pratico d’uso o erano destinate al culto.
Sono realizzate una per volta, poggiando su un cilindro, come fosse un manichino, gli elementi della composizione. Si aiuta con un calco per la testa e le braccia aggiungendo poi i capelli e poi man mano le veste, le pettina, le ingioiella con una cura maniacale per il particolare: la tessitura della stoffa e gli ornati degli abiti, i merletti, i gioielli.
Gesti consueti se si vuole andare a ripescare nell’infanzia e nel gioco che ogni bambina fa con la propria bambola, ma in questo caso Maria Di Stefano ha saputo, trasportando questi gesti nella donna matura che è oggi, creare la novità, l’originalità, la freschezza, il cambiamento soprattutto se messo in relazione con lo stanco repertorio dell’artigianato castellano attuale.