Ad ottobre il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi sulla Riforma della Costituzionale approvata dal Parlamento.
Diciamolo subito e senza preamboli: siamo al cospetto di un qualcosa di epocale per le Istituzioni del Paese, mandare in soffitta il bicameralismo perfetto significa soprattutto portare a compimento un percorso iniziato quasi 70 anni fa e che dovrà dimostrarci se l’Italia è arrivata ad essere o meno una democrazia matura.
Alla domanda relativa al perché sia opportuno abbandonare il bicameralismo perfetto e quindi ridisegnare i poteri e la composizione del Senato, bisogna rispondere che in primo luogo le esigenze e le spinte cui si trovarono di fronte i Costituenti sono cambiate: l’Italia che usciva dalla guerra aveva ancora timore di spinte autoritarie, quindi dotarsi quanto più possibile di organismi di garanzia pareva essere (e lo è stata) un’assicurazione sull’assopimento di tali spinte.
Inoltre, come osserva Sabino Cassese sul Corriere del 5 maggio, col passare degli anni i cittadini italiani hanno iniziato a votare per altri corpi, come i consigli regionali ed il Parlamento Europeo, che “concorrono con il Parlamento nazionale alla formazione delle norme e svolgono con efficacia la funzione di contrappeso”, se ad essi aggiungiamo la Corte Costituzionale, organo di contrappeso per eccellenza, capiamo quindi che il compito originario del Senato si è esaurito.
La grande scommessa sottointesa di questa riforma, è quindi quella relativa alla possibilità per il nostro di Paese di passare dall’essere una “democrazia consociativa” ad essere una “democrazia governante”, in cui il processo decisionale è più rapido, le maggioranze più coese ed i governi più forti. Il sistema proposto dalla Boschi-Renzi è comunque semplicissimo.
Ha solo due procedimenti, pienamente bicamerale per norme ordinamentali e di rango costituzionale, a prevalenza della Camera per il resto. Molto si sta discutendo circa la composizione del futuro Senato delle Autonomie, esso sarà composto da 95 Senatori (rispetto ai precedenti 315) dei quali 74 sono eletti tra i componenti dei Consigli Regionali, 21 tra i Sindaci; a questi sono poi affiancati 5 senatori (che resteranno in carica per 7 anni) nominati dal Presidente della Repubblica ai quali, alla data di entrata della riforma, vanno inclusi anche i senatori a vita già nominati e in carica. Coloro i quali sostengono che le categorie dei consiglieri regionali e dei sindaci sono tra le più corrotte in Italia fanno un torto all’elettore: stiamo parlando infatti delle due categorie non solo più vicine ai cittadini (i sindaci in particolare), ma anche elette con le tanto rimpiante preferenze, che fanno, dei consiglieri regionali in particolare, il corpo eletto più corrispondente alla volontà dell’elettorato.
Ciò che però preme più sottolineare di questa riforma è che, finalmente, nel combinato con la Legge Elettorale, darà a questo Paese ciò di cui necessità da oltre 70 anni: un governo che governi con una maggioranza certa scelta dall’elettore. Finalmente sapremo la sera stessa delle elezioni, o al più tardi dopo due settimane, chi governerà il Paese per 5 anni e chi farà opposizione. Sapremo anche chi lodare per le cose che si ritengono fatte bene e chi affossare per le cose sbagliate: daremo finalmente alla classe politica quella responsabilità che le è mancata per tutto questo tempo, togliendo ai tanti urlatori il ritornello del “sono tutti uguali”.
A coloro i quali obiettano che questa non sia la Riforma perfetta, è bene ricordare che essa ha qualche difetto ma che questo è inevitabile, si verifica sempre quando un «comitato» in cui sono presenti tante teste e tante sensibilità diverse (un Parlamento è proprio questo) deve deliberare su un provvedimento complesso. Le mediazioni parlamentari, inevitabilmente, «sporcano», almeno un po’, qualsiasi progetto, anche quello che in origine sembrava ottimo, perfetto. Solo una leggenda ha fatto credere ad alcuni che la stessa sorte non fosse toccata alla Costituzione vigente quando venne confezionata dall’apposito comitato (la Costituente).
Il treno del cambiamento è già partito e starà al popolo sovrano riuscire a prenderlo, quello dell’instabilità governativa, delle urla, delle promesse e della demagogia è invece sempre fermo con tutto ciò che comporta. SI ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Alessandro Cocca - Coordinatore Comitato “SI al Referendum Costituzionale Spoltore”