Oltre 500 persone hanno dato vita a Pescara, in piazza della Rinascita, a un sit-in per chiedere alla Regione Abruzzo e al Governo l'apertura dello stato di crisi nel settore petrolio ed energia, tra questi anche i dipendenti della Baker Hughes, con sede centrale a Villanova di Cepagatti.
In Abruzzo, sui circa tremila addetti del settore, a rischio i posti di duecento per i quali sono state aperte procedure di mobilità. Senza contare l'indotto. Davanti ai rappresentanti di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil i manifestanti hanno esposto cartelloni e foto per mostrare come le pessime condizioni delle acque, in Abruzzo, non siano legate all'estrazione di gas e petrolio.
Presenti molti dipendenti delle aziende colpite dalla crisi, causata principalmente dal crollo del prezzo del petrolio al barile: tra questi rischiano il licenziamento 101 dipendenti di Baker Hughes, 48 di Halliburton e 37 di Weatherford.
"Altri posti sono stati persi - dice Dario Cassano, esponente Cgil alla Baker - Oggi non voglio sentir parlare di trivelle, referendum e Ombrina, siamo qui per chiedere l'apertura dello stato di crisi".
Il crollo delle attività sta colpendo tutto il settore dell'oilfield abruzzese. Tra i manifestanti anche imprenditori e lavoratori dell'indotto.
"Si soffre tanto - spiega Dario Casciaro, socio della Wellynx, azienda con cinque dipendenti attiva nel settore della sicurezza - Il prezzo del petrolio ha generato la paralisi".
Paolo Orsini, titolare della Sivam, impegnata nella produzione di attrezzature per il settore oil and gas, rimarca:
"Nel 1995, il 100 per cento dei nostri macchinari era destinato all'Italia, oggi il 98 per cento finisce all'estero e a livello nazionale solo in Val d'Agri".
(Foto Ansa)