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“Lu cande cchiu’ bbelle” di Remo Di Leonardo: un cantico dei cantici universale che parla la lingua del suo villaggio

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Da pochi mesi, per i tipi di Rotmail Italia S.p.A. (Gruppo Editoriale L’Espresso “ILMIOLIBRO”),è uscita l’ultima fatica letteraria, già in seconda edizione, del poeta e scrittore dialettale, nonché appassionato ricercatore di tradizioni popolari, Remo di Leonardo. Si tratta della traduzione ed adattamento testuale, in vernacolo pianellese, del poema biblico “Il Cantico dei Cantici” Lu Cande cchiù bbelle, con prefazione di Daniela D’Alimonte, docente di lettere, giornalista pubblicista, studiosa della lingua italiana e del dialetto.

Tra gli scrittori della nostra regione conosciuti per essersi cimentati in testi tradotti in dialetto bisogna quanto meno citare uomini illustri al pari di Vincenzo De Meis il quale, già nel 1961 scrisse una versione in dialetto abruzzese del “Cantico”, allo stesso il Di Leonardo dedica questo lavoro, Cesare De Titta con la sua celebre traduzione della Figlia di Jorio, Alessandro Dommarco che ha trasposto nel dialetto di Ortona alcune liriche greche da Gli Epigrammi di Nosside, prima di lui, il padre Luigi e poi ancora Giuseppe Perrozzi, Guido Giuliante, Lelio Petaccia e avvicinandoci ai nostri giorni, Raffaele Fraticelli.

L’opera di Remo Di Leonardo segue questo file rouge e lo arricchisce ulteriormente dopo aver già dato prova in precedenza di grande abilità con la traduzione, nel 2010, in dialetto abruzzese, de La fiaccola sotto il moggio di d’Annunzio pubblicata con una prefazione di Vito Moretti e delle opere tratte dalle Novelle della Pescara: “La Veglia Funebre” con il titolo “Tenghe sete” e la Contessa d’Amalfi, messe in scena dall’Associazione teatrale “Amici di Eduardo” di Pianella, con la regia dell’attore abruzzese, prematuramente scomparso, Riccardo Di Sante.

Certamente originale risulta l’idea di trasporre in dialetto il Cantico dei Cantici, il poema d'amore più conosciuto, più commentato, più tradotto nella storia, e direi anche il più misterioso. Infatti l’opera, pur restando fedele al testo biblico, in alcune circostanze se ne distacca, contestualizzando e trasfigurando luoghi, ambienti naturali, personaggi, all’interno di un mondo arcaico senza tempo appartenente ad un Abruzzo che non è più.

Nella prefazione del libro Daniela D’Alimonte ha giustamente sottolileneato come il dialetto sia "proprio dell’autore, quello specifico di Pianella, con tutte le sue caratteristiche fonomorfologiche e lessicali”.

L’opera si rivolge alla propria comunità e, di converso, all’intero genere umano secondo la celebre frase mutuata da Tolstoj “ se vuoi essere universale parla del tuo villaggio”!

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